L'Italia e l'applicazione del Diritto internazionale

Rassegna dell'Istituto di Studi Giuridici Internazionali
del Consiglio Nazionale delle Ricerche

Guida alla lettura del n. 2: anni 2014-2015

di Redazione - Dicembre 2016

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1. Il n. 2 della Rassegna, relativo al periodo 2014-2015, segue la stessa impostazione del primo numero. Il lettore vi troverà dunque una nuova selezione ragionata di documentazione giuridica, utile ad approfondire la conoscenza e la valutazione dell’applicazione del diritto internazionale nell’ordinamento italiano. A parte l’aggiunta di nuove voci e sotto-voci nella tavola delle Materie e un considerevole incremento dell’Indice dei trattati, non sono state apportate modifiche all’organizzazione dei materiali, i quali consistono – come consueto – in provvedimenti legislativi, pronunce giurisprudenziali e documenti relativi al funzionamento dei meccanismi internazionali di controllo sull’applicazione di trattati di cui l’Italia è parte.

Anche se certamente non esaustiva, la documentazione del n. 2 è alquanto ampia. Di seguito, segnaliamo alcuni degli oltre 300 ‘casi’ consultabili nella banca dati, scelti tra quelli maggiormente significativi.

2. Iniziando dalla legislazione, sono anzitutto da menzionare le leggi di ratifica ed esecuzione di due importanti Convenzioni ONU sui diritti umani: la Convenzione per la protezione di tutte le persone contro la sparizione forzata del 2006 (l. n. 131/2015) e la Convenzione – molto più risalente (1961) – sulla riduzione dei casi di apolidia (l. n. 162/2015). Il Parlamento ha autorizzato anche la ratifica del Protocollo opzionale al Patto del 1966 sui diritti economici sociali e culturali, che – entrato in vigore nel 2013 – rafforza i poteri dell’omonimo Comitato di controllo, introducendo una procedura di ricorso individuale e una procedura d’inchiesta (l. n. 152/2014). Altrettanto è avvenuto per l’analogo Protocollo addizionale alla Convenzione di New York del 1989 sui diritti del bambino (l. n. 199/2015). Inoltre, con la l. n. 101/2015, è stata autorizzata la ratifica e l’esecuzione della Convenzione dell’Aia del 1996 sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori.

Dalla legislazione emerge anche la conclusione di una nutrita serie di accordi bilaterali, a cui corrisponde, nell’indice per materia, una maggiore articolazione della voce “Cooperazione internazionale”.  In quest’ambito, l’ulteriore applicazione della Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale ha determinato un consistente sviluppo della cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia. Accanto a disposizioni più tradizionali in tema di estradizione (v., tra gli altri, l’accordo Italia-Cina di cui alla l. n. 161/2015) o per lo scambio di persone condannate, gli accordi in materia perseguono il rafforzamento dell’azione di contrasto del terrorismo internazionale e di diverse tipologie di crimini transnazionali. A questi accordi si aggiungono quelli di cooperazione in materia fiscale, spesso classicamente diretti a prevenire fenomeni di doppia imposizione, ma anche a istituire obblighi di informazione e assistenza tra le parti nella lotta contro la frode e l’evasione fiscale: si vedano gli accordi dell’Italia con San Marino (l. n. 160/2014), Gibilterra (l. n. 187/2014), l’Isola di Man (l. n. 12/2015), le Isole Cayman (l. n. 100/2015) e quello con gli Stati Uniti, volto a migliorare la compliance fiscale internazionale e a facilitare l’applicazione della normativa F.A.C.T.A. (l. n. 95/2015).

Piuttosto numerosi sono anche gli accordi in materia di sicurezza sociale, conclusi dall’Italia con la Turchia (l. n. 35/2015), il Canada (l. n. 93/2015), il Giappone (l. n. 97/2015), Israele (l. n. 98/2015), e altri Stati. Non mancano, infine, sviluppi relativi alla cooperazione nel settore delle attività spaziali: si vedano l’Accordo stipulato con gli Stati Uniti, di contenuto molto ampio e probabilmente destinato a ulteriori specificazioni negoziali (l. n. 197/2015), e l’Accordo tra l’UE e i suoi Stati membri, da una parte, e la Norvegia, dall’altra, per la cooperazione nell’ambito di “Galileo” e di altri programmi spaziali europei (l. n. 180/2014).

A parte le leggi contenenti l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine d’esecuzione di trattati, tra i provvedimenti normativi di maggiore rilievo vi è la l. n. 125/2014 di riforma della normativa italiana sulla cooperazione internazionale allo sviluppo. Nella legislazione penale, è proseguita l’azione del legislatore in applicazione della sentenza della Corte europea dei diritti umani nel caso Torreggiani, con l’introduzione di ulteriori modifiche del regime sanzionatorio e di nuove norme a garanzia dei diritti dei detenuti (v., in particolare, la l. n. 117/2014, sui rimedi risarcitori a favore di coloro il cui diritto a un trattamento conforme all’art. 3 della CEDU sia stato violato in conseguenza del sovraffollamento carcerario).

3. Passando alla giurisprudenza, il caso più rilevante è senza dubbio la sentenza n. 238/2014 della Corte costituzionale che – com’è noto – ha dichiarato non eseguibile in Italia la decisione del 2012 della Corte internazionale di giustizia sul caso delle Immunità giurisdizionali dello Stato (Germania c. Italia). Alla sentenza n. 238 hanno fatto seguito, nel 2015, le prime pronunce dei giudici di merito e di legittimità applicative dei principi affermati dalla Consulta nella sua importante sentenza, in tema di crimini, esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione interna e “contro-limiti” costituzionali all’ingresso di norme del diritto internazionale nell’ordinamento italiano. A questo tema è dedicato il Focus del n. 2 della Rassegna, al quale rinviamo.

Come nel primo numero, le decisioni giurisprudenziali costituiscono la parte quantitativamente prevalente del materiale esaminato e attengono, in generale, all’applicazione interna dei trattati di cui l’Italia è parte, in primis la CEDU, così come interpretata dalla Corte europea dei diritti umani e le grandi convenzioni dell’ONU in pari materia. Per questo aspetto sono da menzionare, anzitutto, numerose pronunce correlate al caso Grande Stevens, deciso dalla Corte di Strasburgo nel 2014. La sentenza ha chiarito che le sanzioni amministrative previste in Italia per alcuni reati tributari sono sostanzialmente assimilabili a una sanzione penale, sicché l’applicazione delle due sanzioni – amministrativa e penale – a uno stesso soggetto e per lo stesso fatto viola i principi del giusto processo ex art. 6 della CEDU, in particolare il principio ne bis in idem (a cui è dedicato l’art. 4 del Protocollo n. 7). La giurisprudenza italiana sul tema appare oscillante, anche per la difficoltà di valutare, nei casi concreti, se una determinata sanzione sia assimilabile, sostanzialmente, a una sanzione penale secondo i canoni interpretativi dettati dalla Corte di Strasburgo. Al riguardo, si vedano, tra le altre: la sentenza della Corte di cassazione, I. sez. pen., n. 19915/2013 pronunciata in pendenza del giudizio davanti alla Corte europea (e depositata il 14 maggio 2014) e, a seguire: Corte di cassazione, S.U., n. 4880/2014; Consiglio di Stato, VI sez., n. 7566/2014; Tribunale di Brindisi, sez. pen., 17 ottobre 2014; Tribunale di Torino, V sez. pen., 27 ottobre 2014, che affronta anche l’aspetto del rapporto tra CEDU e diritto dell’UE; Corte di cassazione, III sez. pen., n. 19334/2015; Tribunale di Bologna, I sez. pen., 21 aprile 2015 (tutte consultabili alla sotto-voce “ne bis in idem” della voce generale “Diritti umani”).

Un altro tema che ha assunto rilievo crescente nelle decisioni delle corti italiane è quello dei diritti delle coppie formate da persone dello stesso sesso. Come spesso avviene, la prassi giurisprudenziale ha precorso la produzione normativa, in questo caso sulle c.d. unioni civili (poi concretizzatasi con la l. n. 76 del 2016). Tali sviluppi sono anche effetto dei principi affermati dalla Corte europea dei diritti umani nel caso Oliari del 2015 (la sentenza è tra le poche decisioni internazionali il cui testo è inserito, per comodità del lettore, nella Rassegna). Le relative decisioni hanno spesso a oggetto la trascrizione nei registri dello stato civile italiano di matrimoni omosex celebrati all’estero. In esse, l’applicazione dei diritti umani secondo la CEDU e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE si intersecano quindi con problematiche proprie del diritto internazionale privato (si veda, a titolo d’esempio, la sentenza del Consiglio di Stato, III sez., n. 4889/2015). La “stepchild adoption”, mai contemplata nella legislazione nazionale né introdotta, successivamente, con l. n. 76/2016, è talora ritenuta possibile dai giudici italiani in base alla vigente normativa sull’adozione in casi speciali (Corte d’appello di Roma, sez. minori, 20 ottobre 2015; Tribunale per i minorenni di Roma, 23 dicembre 2015). L’aspetto più generale della non discriminazione in base al genere, o al cambiamento di sesso, trova espressione in un consistente numero di casi. Tra questi, si segnala la sentenza della Corte costituzionale n. 221/2015, che afferma l’autodeterminazione degli individui rispetto alla propria identità di genere, e la decisione della Cassazione riguardante il diritto di una persona vittima di omofobia a ricevere un indennizzo adeguato alla gravità della discriminazione patita (sent. n. 1126/2014).

Il principio del rispetto della vita privata e familiare (art. 8 della CEDU) è richiamato sia in molte delle sentenze ora citate, sia in quelle relative alla procreazione medicalmente assistita. Tra queste ultime, spicca la sentenza n. 229/2015 con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime le disposizioni della l. n. 40/2004 che contemplavano come reato la selezione di embrioni, anche al solo fine di evitare l’impianto di embrioni affetti da malattie genetiche trasmissibili di tale gravità da giustificare l’interruzione volontaria di gravidanza ex l. n. 194/1978. Segnaliamo, inoltre, i ricorsi all’autorità giudiziaria italiana e poi alla Corte di Strasburgo – entrambi senza esito – da parte dei genitori biologici di due bambini nati mediante procreazione assistita e “assegnati” a un’altra coppia, che aveva fatto ricorso alla stessa tecnica, a seguito di uno scambio di embrioni causato da un errore degli operatori sanitari (Ordinanza del Tribunale di Roma, I. sez. civ., 8 agosto 2014; Sentenza della Corte europea dei diritti umani, II sez., 16 settembre 2014, X e Y c. Italia).

In materia di immigrazione la casistica si conferma molto ampia e sempre in evoluzione, come si apprezza soprattutto dalle decisioni della giustizia amministrativa in tema di permesso di soggiorno, espulsione, ricongiungimento familiare, regolarizzazione, rifugiati e richiedenti asilo. Sul versante penale, è da segnalare la sentenza n. 3345/2015 della Corte di cassazione, che ha affermato la giurisdizione italiana per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina quando l’azione criminosa si sia realizzata fuori dal mare territoriale e la fase conclusiva dello sbarco dei migranti in territorio italiano sia il risultato di un’attività lecita e doverosa di soccorso, svolta in applicazione della Convenzione SAR e della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

4. Gli aspetti relativi ai diritti umani e all’immigrazione occupano un posto di rilievo anche nella casistica riguardante le procedure internazionali di controllo instaurate nell’ambito dell’ONU e di altre organizzazioni internazionali, o previsti da trattati.

Tra i casi rilevanti, spicca la “Revisione periodica universale” del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite che, nel 2014, ha riguardato l’Italia: si vedano il Rapporto nazionale italiano del 21 luglio e il Documento conclusivo del Consiglio, fondato sul Rapporto del Working Group del 10 dicembre. Negli interventi pronunciati da oltre 90 Stati è stato espresso apprezzamento per l’impegno dell’Italia nelle questioni relative alla gestione e alla tutela dei migranti. Criticità emergono in relazione all’istituzione di un organismo nazionale indipendente per la tutela e promozione dei diritti umani secondo i Principi di Parigi, alla mancata ratifica di alcune convenzioni, tra cui quella dell’ONU sui diritti dei migranti e delle loro famiglie, o di protocolli aggiuntivi, nonché rispetto all’attuazione del piano per il contrasto alla violenza di genere, e delle strategie relative ai diritti di Rom, Sinti e Camminanti, e delle persone LGBTI.

Sempre in ambito ONU, segnaliamo, inoltre, le raccomandazioni dell’Alto Commissariato ONU per i rifugiati riguardanti il trattamento degli apolidi in Italia (ottobre 2014), e quelle rivolte all’Italia nel dicembre 2014, in vista del semestre europeo, in cui si evidenziano le criticità del sistema dell’UE in materia di asilo.

Riguardo alle procedure di controllo istituite da convenzioni di applicazione universale, è finalmente intervenuta, nel 2015, la presentazione da parte dell’Italia del primo Rapporto nazionale sull’attuazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, atteso dal 2011 (si vedano anche le relative osservazioni formulate dal Comitato sui diritti delle persone con disabilità, nella sessione 25 marzo-17 aprile 2015). In materia di beni ambientali e culturali segnaliamo, invece: il Rapporto nazionale dell’Italia sull’attuazione della Convenzione UNESCO per la protezione del patrimonio mondiale, il quinto Rapporto nazionale dell’Italia relativo alla Convenzione sulla biodiversità (aprile 2014), il Rapporto biennale 2013-2014 sull’attuazione della CITES – tutti presentati nel 2014 –  a cui si aggiunge, nel 2015, il Rapporto nazionale relativo alla Convenzione di Ramsar sulle zone umide d’importanza internazionale.

Una parte consistente della documentazione si inserisce, invece, nel quadro europeo. Così, diverse decisioni del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa sull’applicazione da parte dell’Italia di sentenze della Corte europea dei diritti umani (Hirsi Jamaa, ancora Torreggiani e altre); il rapporto nazionale dell’Italia relativo all’attuazione della Convenzione quadro sulle minoranze nazionali; quello presentato dall’Italia al Gruppo di esperti sulla lotta alla tratta di esseri umani GRETA, istituito dall’omonima Convenzione europea.

Molto interessante è poi la decisione del Comitato europeo dei diritti sociali sul caso International Planned Parenthood Federation-European Network c. Italia del settembre 2013, ma pubblicata nel marzo 2014. Com’è noto, il Comitato ha constatato che l’art. 9 della l. n. 194/1978 – relativo al diritto di obiezione di coscienza del personale medico nei casi di interruzione volontaria di gravidanza – viola gli articoli sul diritto alla protezione della salute (art.11) e sulla non-discriminazione (parte V – articolo E) della Carta sociale europea (come riveduta nel 1996). Un’altra decisione dello stesso Comitato ha riguardato il ricorso di un’associazione per la protezione dell’infanzia (APPROACH), relativo all’inesistenza, nella legislazione italiana, di una chiara proibizione delle punizioni corporali inflitte a minori. Secondo il Comitato, a tale lacuna normativa aveva ovviato una interpretazione della Corte di cassazione, seguita da tutte le corti italiane, che ha prevenuto la violazione delle pertinenti disposizioni della Carta sociale europea.

 

La Redazione