La Corte europea dei diritti umani ha giudicato l’Italia responsabile di una violazione dell’art. 7 della CEDU a causa della condanna subita da Bruno Contrada per concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte ha accolto l’argomentazione prospettata nel ricorso, relativa al fatto che tale reato, configuratosi a seguito di un’evoluzione giurisprudenziale che si è consolidata solo nel 1994, non poteva essere ascritto al ricorrente per fatti verificatisi anteriormente a tale data, quando egli non poteva raffigurarsi in modo certo e chiaro le conseguenze penali della propria condotta. Per la Corte europea, la sentenza di condanna, confermata nei diversi gradi di giudizio, ha leso il principio di irretroattività della legge penale e il principio nulla poena sine lege.