La Corte di cassazione ha accolto il ricorso di due giornalisti avverso il sequestro probatorio dei loro computer e agende nell’ambito di un’indagine relativa alla diffusione di verbali di riunioni svoltesi presso la Direzione nazionale antimafia. La Corte ha riscontrato una sproporzione tra il provvedimento di sequestro e il sacrificio del diritto dei ricorrenti a non rivelare le loro fonti di informazione. Vi era stata quindi violazione della protezione costituzionale della libertà di espressione e informazione, garantita dal Patto sui diritti civili e politici e dall’art. 10 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti umani.