Non è insindacabile, in quanto non è un atto politico, il rifiuto del Governo di aprire le trattative con un’associazione di orientamento ateistico per la ricerca dell’intesa ex art. 8, co. 3, Cost. L’interesse di un culto a stipulare le intese con lo Stato non può essere infatti rimesso all’assoluta discrezionalità del potere esecutivo, perché ciò contrasterebbe con la libertà religiosa riconosciuta dallo stesso precetto costituzionale. Richiamando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, la Suprema Corte ha chiarito che il governo può rifiutarsi di aprire il confronto, ma deve motivare tale diniego, precisando che i criteri di accesso alla stipulazione di dette intese devono rispettare il principio di non discriminazione tra le confessioni religiose.