Sentenza della Corte di cassazione, III sez. pen., 13 gennaio 2017, n. 22265

La Corte di cassazione ha ritenuto che, contrariamente a quanto asserito dalla sentenza impugnata, anche la detenzione di disegni e altre immagini virtuali non raffiguranti persone reali integra la fattispecie della detenzione di materiale pedopornografico ex art. 600 quater c.p. Questo reato è stato introdotto nell’ordinamento italiano, insieme ad altri relativi ad abusi su minori, in attuazione del Protocollo contro la vendita di bambini e la pedopornografia addizionale alla Convenzione sui diritti del fanciullo e, successivamente, della Convenzione del Consiglio d’Europa c.d. di Lanzarote. Ai fini del giudizio, non rileva che i minori rappresentati nel materiale pornografico siano ‘inesistenti’ e non possano quindi subire un danno, perché la sola raffigurazione di abusi perpetrati su minori è sufficiente a ledere il bene protetto dalla normativa internazionale e da quella nazionale di attuazione. I fatti in causa si qualificavano altresì come “pedopornografia virtuale” in base alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica.