La Corte di cassazione ha affermato che sussiste la giurisdizione dell’Italia per il reato di favoreggiamento di immigrazione clandestina nei confronti di un tunisino sospettato di appartenere a un’organizzazione criminale operante in Libia, il quale aveva abbandonato dei migranti siriani su un’imbarcazione di fortuna al largo delle coste italiane, in acque internazionali. Successivamente, i migranti erano stati soccorsi e condotti in un porto della Sicilia da una nave libanese. La Corte ha ritenuto ininfluente la circostanza che le azione delittuose fossero state commesse al di là delle acque territoriali italiane, poiché la condotta dell’imputato era comunque finalizzata, fin dall’inizio, a facilitare l’ingresso illegale di migranti in Italia, strumentalizzando l’obbligo di soccorso in mare previsto dalle convenzioni applicabili. Per la Corte, la fattispecie ricadeva dunque nell’ambito di applicazione dell’art. 6 c.p., in base al quale un reato si considera commesso in territorio nazionale se l’evento che ne consegue si verifica in Italia. Per altro profilo, la giurisdizione dell’Italia sussisteva in base alle norme nazionali di attuazione della Convenzione di Palermo contro il crimine organizzato transnazionale, poiché nella nozione di crimine organizzato transnazionale è compreso il reato commesso da un gruppo criminale in uno Stato e che dispiega effetti in un altro Stato.