In relazione alla condanna di Bruno Contrada per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa, la Corte europea dei diritti umani ha riscontrato una violazione del principio di legalità (Contrada c. Italia, 2015), in quanto tale reato si è configurato con sufficiente precisione e prevedibilità nel diritto italiano solo a partire dalla sent. della Corte di cassazione sul caso Demitry (1994); la condanna per ‘concorso esterno’ per fatti anteriori a tale data è quindi in contrasto con l’art. 7 CEDU. La decisione della Corte europea è venuta in rilievo in un caso analogo, deciso dalla I sez. pen. della Corte di cassazione con sent. n. 53610/2107. La sentenza si sofferma sugli effetti per i giudici nazionali delle sentenze della Corte europea, in particolare le sentenze-pilota e le sentenze che esprimono ‘il diritto consolidato’. Come per il caso Contrada, si poneva inoltre il problema dell’eventuale revisione del giudicato penale a causa di una sopravvenuta decisione della Corte europea e/o della possibilità di invocare una tale decisione davanti al giudice dell’esecuzione. A parere della Corte, tuttavia, il caso non era assimilabile al caso Contrada; ne è derivato il rigetto del ricorso e la dichiarazione di manifesta infondatezza e irrilevanza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla difesa in relazione al fatto che l’art. 673 c.p.p. non contempla tra le cause di revisione del giudicato penale l’incompatibilità con una decisione posteriore della Corte europea.
Sentenza della Corte europea dei diritti umani, IV sez., 14 aprile 2015, Contrada c. Italia; Sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta 18 novembre 2015; Sentenza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania 21 dicembre 2015, n. 1077