La Corte di cassazione ha stabilito che una cittadina straniera ha il diritto di conservare il cognome del marito da essa ha assunto in sostituzione del proprio, anche dopo lo scioglimento del matrimonio, se ciò è previsto dalla sua legge nazionale. Nel caso in questione, correttamente la Corte d’appello aveva ritenuto che la questione – rientrante nei diritti della personalità – era regolata dalla legge della Svezia, di cui la donna era cittadina (nonostante il divorzio fosse stato invece pronunciato secondo la legge italiana). Ciò in applicazione della Convenzione di Monaco del 1980 sulla legge applicabile ai cognomi e ai nomi. Il diverso criterio discendente dalla l. n. 218/1995 non poteva venire rilievo, sia per la difformità della fattispecie (nella legislazione italiana il nome del marito può solo aggiungersi a quello della moglie, non sostituirlo), sia perché l’art. 2 della stessa l. n. 218 fa salva l’applicazione delle convenzioni internazionali. Del resto, il mantenimento del cognome del marito secondo la legislazione svedese non è in contrasto con l’ordine pubblico italiano, ponendosi, anzi, in linea con la protezione costituzionale dei diritti della persona.