La Corte d’appello di Milano ha ritenuto che due organizzazioni non governative, le quali avevano proposto ricorso avverso una decisione del Comune di Milano e dell’INPS ritenuta discriminatoria nei confronti dei cittadini extra comunitari, erano legittimate a farlo in base al d.lgs. n. 215/2003, che autorizza tali organizzazioni ad agire in giudizio contro discriminazioni collettive su base razziale o etnica. Facendo riferimento alla raccomandazione n. 30/2004 del Comitato istituito dalla Convenzione ONU contro la discriminazione razziale, la Corte ha ritenuto che la decisione di escludere i cittadini di Paesi non UE dal beneficio dell’assegno per il nucleo familiare, (anteriormente all’estensione dell’assegno a loro favore ex l. n. 97/2013), sebbene formalmente fondata sulla nazionalità, comportava implicitamente una discriminazione “relativa al fattore razziale o all’origine etnica”. Nel merito, ai fini della qualificazione di tale condotta, non era necessaria la volontà del Comune o dell’INPS di discriminare una certa categoria di persone, “stante il carattere obiettivo della discriminazione”. La Corte ha altresì ritenuto che, anche anteriormente alla l. n. 97/2013 (attuativa di norme dell’UE), i cittadini di paesi terzi legalmente soggiornanti in Italia avevano diritto all’assegno per il nucleo familiare, in ossequio al rispetto della vita familiare e alla non discriminazione (artt. 8 e 14 CEDU), come affermato dalla Corte europea dei diritti umani nel caso Dahabi c. Italia del 2014.