Con la sentenza n. 4899/2015, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello del Ministero dell’interno avverso la sentenza del TAR per il Lazio n. 524/2015, che, pur affermando l’insussistenza di un diritto alla trascrizione nel registro di stato civile dei matrimoni tra persone dello stesso sesso celebrati all’estero, aveva dichiarato illegittimo il provvedimento di annullamento dell’avvenuta trascrizione emesso dal prefetto di Roma, ritenendo che la rettifica o cancellazione degli atti dello stato civile sia riservata in via esclusiva all’autorità giudiziaria. Il Consiglio di Stato ha invece riconosciuto il potere del prefetto di intervenire in autotutela gerarchica per assicurare la certezza del diritto nelle questioni riguardanti lo stato delle persone. Secondo il Consiglio di Stato, la trascrizione del matrimonio all’estero tra persone dello stesso sesso è contraria all’ordinamento italiano, in quanto tale matrimonio non è previsto dalla legislazione nazionale. Non vi è, inoltre, un obbligo dello Stato derivante dal diritto internazionale ed europeo (art. 12 CEDU, art. 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE) di riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso, considerato che anche la sentenza della Corte europea dei diritti umani nel caso Oliari c. Italia (2015) ha riconosciuto agli Stati un margine di apprezzamento discrezionale riguardo agli strumenti per assicurare nel diritto nazionale la protezione dei diritti delle coppie omoaffettive.
Sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia 9 luglio 2015, n. 2037; Sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio 9 marzo 2015, n. 3907; Sentenza della Corte di cassazione, I sez. civ., 15 marzo 2012, n. 4184