Il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha confermato il rigetto della domanda di esecuzione della pena detentiva agli arresti domiciliari proposta da uno degli agenti della Polizia di Stato condannati per aver causato, con l’uso sproporzionato della forza, la morte di Federico Aldrovandi, durante il suo arresto. Con riferimento alla gravità del reato, il Tribunale ha rilevato che gli atti di violenza commessi dal condannato si qualificano sostanzialmente come crimine di tortura secondo le norme consuetudinarie del diritto internazionale e le convenzioni di cui l’Italia è parte contraente o, almeno, come trattamento inumano e degradante ai sensi dell’art. 3 della CEDU. Richiamando la giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani, il Tribunale ha altresì osservato che dalla partecipazione alla CEDU deriva, tra l’altro, un obbligo di applicazione effettiva delle sanzioni, in cui rientra anche l’esecuzione della pena, che non può essere simbolica, o senza pratiche conseguenze, ma deve essere effettiva.