L’ordinanza riguarda il caso di uno scambio di embrioni avvenuto, per errore degli operatori sanitari, tra due coppie che avevano entrambe fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita. A seguito di tale errore, una delle donne aveva partorito due gemelli, il cui patrimonio genetico apparteneva, in realtà, all’altra coppia. Quest’ultima si era rivolta al Tribunale di Roma per far valere la propria genitorialità ‘biologica’. Il Tribunale ha rilevato che non vi erano norme applicabili al caso di specie. Esso ha poi rigettato il ricorso, fondandosi sia sul fatto che nell’ordinamento italiano è il parto a determinare la ‘maternità’ (art. 269 c.c., lasciato inalterato, per questo aspetto, da tutte le modifiche del diritto di famiglia succedutesi nel tempo), sia sull’interesse superiore dei due bambini a proseguire il rapporto affettivo già instaurato con una delle due coppie di genitori, interesse la cui prevalenza è imposta da trattati internazionali e dal diritto interno.