Il Tribunale di Milano ha sollevato questione di legittimità costituzionale del divieto totale di fecondazione eterologa posto dall’art. 4, co. 3, l. n. 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita. Il Tribunale ha richiamato la sentenza con cui la Corte europea dei diritti umani ha ritenuto che il parziale divieto di fecondazione eterologa posto dalla legislazione austriaca non fosse in contrasto con l’art. 8 della CEDU (Grande Camera, 3 novembre 2011, S.H. e altri c. Austria). Tuttavia, nella stessa sentenza, la Corte europea ha indicato quale criterio ermeneutico per valutare il margine di discrezionalità dello Stato nel disciplinare la materia il progresso della scienza e della sensibilità sociale, parametri interpretativi ai quali anche il giudice nazionale è dunque tenuto ad attenersi. In base a tali criteri, il differente trattamento derivante dalla l. n. 40 rispetto alla realizzazione del diritto a procreare da parte di coppie infertili e di coppie affette da patologie riproduttive diverse dalla infertilità appare in contrasto con i principi di non discriminazione e di ragionevolezza (artt. 3 e 31 Cost.), nonché con l’art. 117 Cost., in quanto viola il diritto fondamentale delle persone all’autodeterminazione nelle scelte riguardanti la vita privata e familiare, stabilito dalla CEDU.