Il Giudice per le indagini preliminari ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dai difensori di Marco Cappato accusato di avere rafforzato il proposito di suicidio assistito di Fabiano Antoniani (noto come DJ Fabo), affetto da gravissima paralisi. In particolare, era accusato del reato di cui all’art. 580 c.p. (istigazione o aiuto al suicidio) per avergli prospettato la possibilità di ottenere assistenza al suicidio presso una clinica svizzera e per averlo assistito nel raggiungere la clinica, il giorno prima del suicidio. Il Giudice ha anzitutto affermato la giurisdizione dello Stato italiano. Nel merito, ha osservato che “legittimare il suicidio assistito per alcune categorie di malati, quali i malati terminali o soggetti con patologie gravissime, costituisce un potenziale ‘vulnus’ dell’uguaglianza”. In mancanza di una norma sul ‘diritto assoluto al suicidio’ ovvero il ‘diritto a morire con dignità’, il diritto alla vita verrebbe piegato “in modo improprio all’esercizio dell’autodeterminazione”. In proposito, il Giudice ha evidenziato che, sebbene la Corte europea dei diritti umani abbia riconosciuto che il suicidio ricade nella sfera di autodeterminazione degli individui (Pretty c. Regno Unito, 2002), ciò non si traduce in un obbligo degli Stati parti alla CEDU di ammettere il suicidio assistito nella propria legislazione nazionale.