G.U. 16 April 2014, No. 17
By order No. 84/2014, the Constitutional Court rules that the issue of constitutionality submitted by the Tribunal of Rovigo on Article 21 of Legislative Decree No. 30/2007 (Implementation of Directive 2004/38/EC on the right of citizens of the Union and their family members to move and reside freely within the territory of the Member States) was inadmissible. Said provision is not inconsistent with Articles 3 and 10.2 of the Constitution. Remembering its earlier ruling in decision No. 284/2007, the Constitutional Court stated that the primauté of the European law over Italian law is not rooted on Article 10.2 of the Italian Constitution, but on Article 11.
Ordinanza
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), promosso dal Tribunale ordinario di Rovigo, sul ricorso proposto da B.R.C., con ordinanza dell’11 dicembre 2012, iscritta al n. 228 del registro ordinanze 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell’anno 2013.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 marzo 2014 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Tribunale ordinario di Rovigo, in composizione monocratica, con ordinanza dell’11 dicembre 2012, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 10, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), nella parte «in cui consente al Prefetto di decretare l’allontanamento dal territorio dello Stato» del cittadino dell’Unione europea verso altro Stato membro, che nei confronti del medesimo cittadino ha emesso mandato di arresto europeo (M.A.E.), ai sensi della legge n. 69 del 2005, «qualora si verta nelle ipotesi di cui all’art. 18 di detta legge stabilite con sentenza della corte di appello»;
che il rimettente espone che B.R.C. ha gravato – ex art. 17 del decreto legislativo 1° settembre 2011 n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69) e art. 22 del d.lgs. n. 30 del 2007 – il decreto di allontanamento emesso dal Prefetto di Rovigo l’8 maggio 2012 sulla base dell’art. 21 del medesimo d.lgs n. 30 del 2007 – per la ritenuta insussistenza delle condizioni di legge che permettevano la permanenza dell’interessato nel territorio dello Stato e, in particolare, quelle di cui agli artt. 5-bis, 6, 7 e 13 del d.lgs. n. 30 del 2007;
che, sebbene non abbia dimostrato le condizioni che legittimano il suo soggiorno in Italia, il ricorrente avrebbe comunque documentato di essere stato destinatario di un mandato di arresto europeo per un reato commesso all’epoca in cui era minorenne, mandato reso esecutivo da una sentenza del Tribunale di Hunedoara (Romania), in esecuzione del quale è stato arrestato in data 22 marzo 2012 in Adria;
che, in relazione a tale evento, il rimettente assume che la Corte d’appello di Venezia, chiamata a decidere sulla consegna del B.R.C. all’autorità romena, ha ritenuto di doverla negare sulla base dell’art. 18, lettera r), della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), così come integrata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 227 del 2010;
che il giudice a quo, sulla premessa che i concetti di “consegna” e di “allontanamento” sono in grado di sovrapporsi, in quanto l’esecuzione dell’allontanamento mediante la presentazione al Consolato italiano in patria potrebbe risolversi nella traduzione coatta del cittadino comunitario in ambito territoriale compreso nella sfera di dominio dello stesso Stato membro che ha emesso il mandato di arresto;
che, a suo giudizio, il disposto dell’art. 18 della legge n. 69 del 2005 imporrebbe allo Stato di non consegnare la persona allo Stato membro rogante, ponendosi in conflitto con le previsioni del d.lgs. n. 30 del 2007;
che tali norme determinerebbero una sovrapposizione di normative contrastanti incidenti su identica condizione e dunque irragionevoli e contrarie all’art. 3 Cost.;
che, inoltre, l’esecuzione di un ordine di allontanamento con destinazione nel territorio dello Stato membro coincidente con quello che ha emesso il mandato europeo potrebbe frustrare, in concreto, sia l’autorità della decisione giurisdizionale che ha negato la consegna, sia il diritto del cittadino dello Stato membro a non essere consegnato, e ciò «potrebbe tradursi nella violazione dell’art. 10 secondo comma della Costituzione laddove si consideri che la legge n. 69 del 2005 attua, nell’ordinamento interno, le disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002», relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri dell’Unione europea nei limiti in cui tali disposizioni non sono incompatibili con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in materia di diritti fondamentali, nonché in materia di diritti di libertà e del giusto processo;
che si imporrebbe, dunque, una «lettura costituzionalmente orientata […] con sacrificio delle ragioni sottese alla ratio dell’art. 21 del d.lgs n. 30 del 2007 da ritenersi concretamente soccombenti rispetto ai valori che informano invece le previsioni di cui all’art. 18 della legge 69 del 2005»: sicché la prima norma sarebbe costituzionalmente illegittima «nella parte in cui consente al Prefetto di decretare l’allontanamento dal territorio dello Stato ex art. 21 d.lgs. n. 30 del 2007, con destinazione del cittadino comunitario a quello di altro Stato membro che nei confronti dello stesso cittadino ha emesso Mandato di Arresto Internazionale [rectius europeo] (M.A.E.) ai sensi della legge n. 69 del 2005 qualora si verta nelle ipotesi di cui all’art. 18 di detta legge stabilite con sentenza della Corte d’Appello»;
che nel giudizio si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente inammissibile e, comunque, infondata.
che nel giudizio si è costituito il B.R.C.
Considerato che il Tribunale ordinario di Rovigo dubita della legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), nella parte «in cui consente al Prefetto di decretare l’allontanamento dal territorio dello Stato» del cittadino dell’Unione europea verso altro Stato membro, che nei confronti del medesimo cittadino ha emesso mandato di arresto europeo (M.A.E.), ai sensi della legge 22 aprile 2005 n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), «qualora si verta nelle ipotesi di cui all’art. 18 di detta legge stabilite con sentenza della corte di appello»;
che la questione è manifestamente inammissibile perché l’ordinanza di rimessione presenta carenze in punto di descrizione della fattispecie concreta e di motivazione sulla rilevanza tali da precludere lo scrutinio nel merito delle censure;
che, infatti, il rimettente non specifica a quale delle ipotesi di cui agli artt. 5-bis, 6, 7 e 13 del d.lgs n. 30 del 2007 il provvedimento prefettizio abbia fatto riferimento, né se, fra le condizioni in base alle quali sono state valutate, ai sensi del comma 2 della norma impugnata, l’integrazione sociale e culturale ed i legami con il Paese di origine, sia stata considerata anche l’esistenza del provvedimento di rifiuto di esecuzione del mandato di arresto;
che, infatti, l’ordinanza nulla dice in merito alla data del provvedimento della Corte lagunare, sicché non è dato conoscere se quel provvedimento avesse preceduto o seguito il decreto prefettizio, con diverse conseguenze in ordine alla rilevanza di tale fatto nell’ambito di un procedimento in cui si realizza un effetto devolutivo pieno;
che, nonostante faccia riferimento ad un mandato in executivis, per l’esecuzione di una sentenza in relazione ad un reato commesso allorché il condannato era minorenne, il rimettente non specifica se il rifiuto della consegna sia stato emesso quando il ricorrente era minorenne o maggiorenne, omettendo di indicare, ancora, se il provvedimento di rifiuto sia divenuto definitivo e se la Corte d’appello, con riferimento alla lettera r) dell’art. 18 della legge n. 69 del 2005, abbia disposto l’esecuzione della pena in Italia, secondo il diritto interno né se questa pena sia stata espiata;
che, in mancanza di tali riferimenti specifici alla fattispecie concreta che ha dato origine al giudizio a quo, è inibita a questa Corte la necessaria verifica circa l’influenza della questione di legittimità sulla decisione richiesta al rimettente (ex plurimis, ordinanze n. 193, n. 177, n. 171 e n. 162 del 2011);
che, infine, il parametro dell’art. 10, secondo comma, Cost., non è utilizzabile per le norme internazionali convenzionali rilevanti nella specie, atteso che «l’esigenza di coerenza con l’ordinamento comunitario trova collocazione adeguata nell’art. 11 della Costituzione» (sentenza n. 284 del 2007);
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
La Corte Costituzionale
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 (Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri), per violazione degli artt. 3 e 10, secondo comma, della Costituzione, sollevata dal Tribunale ordinario di Rovigo, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 aprile 2014.