G.U. 12 July 2017, No. 28
The Courts of Appeal of Genoa and Florence questioned before the Constitutional Court the legitimacy of Article 195.7 of legislative decree No. 58/1998 (Consolidated Act on Financial Intermediation) in the light of Article 117 of the Constitution (respect for international obligations) in conjunction with Article 6 of the ECHR, which recognizes the right of the accused to publicity in any proceeding possibly leading to the imposition of sanctions. Under the censured norm, the opposition proceedings against the application of administrative sanctions issued by the Bank of Italy and CONSOB had to be in closed hearings. Subsequently, however, legislative decree No. 72/2015 established that proceedings on opposition to sanctions must be public, a norm applicable also to still pending proceedings. For this reason, the Constitutional Court restituted the proceedings to the referring Courts asking them to reconsider the question in light of the new law provisions.
Ordinanza
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 7, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52), promossi dalla Corte d’appello di Genova con ordinanza dell’8 gennaio 2015, e dalla Corte d’appello di Firenze, con tre ordinanze del 23 marzo, due del 24 marzo, una dell’8 aprile, una del 15 aprile, tre del 16 aprile, due del 4 maggio, due del 13 maggio, una dell’11 giugno 2015, rispettivamente iscritte ai numeri 46, 239, 240, 241, 180, 181, 178, 184, 179, 182, 183, 242, 251, 243, 244 e 252 del registro ordinanze 2015 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 14, 38, 46 e 47, prima serie speciale, dell’anno 2015.
Visti gli atti di costituzione di P. C., E. R. ed altri, L. G., C. Q. e T. C., F. G. C., M. M., M. C. M. D. S., della Banca d’Italia, della Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 giugno 2017 il Giudice relatore Nicolò Zanon.
Ritenuto che la Corte d’appello di Genova, con ordinanza dell’8 gennaio 2015, e la Corte d’appello di Firenze, con tre ordinanze del 23 marzo, due del 24 marzo, una dell’8 aprile, una del 15 aprile, tre del 16 aprile, due del 4 maggio, due del 13 maggio, una dell’11 giugno 2015, rispettivamente iscritte ai numeri 46, 239, 240, 241, 180, 181, 178, 184, 179, 182, 183, 242, 251, 243, 244 e 252 del registro ordinanze 2015, sollevano questione di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 7, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52) (d’ora innanzi: TUF), per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848;
che la Corte d’appello di Genova solleva la questione nell’ambito di un procedimento di opposizione avverso un provvedimento di applicazione di sanzioni amministrative emesso dal Governatore della Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 195 del TUF (e nella misura prevista dal precedente art. 190), all’esito di ispezioni eseguite dalla Banca d’Italia e concluse con il rilievo di una serie di irregolarità da parte dei componenti ed ex componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della società resistente;
che la Corte d’appello di Firenze solleva la questione nell’ambito di giudizi di opposizione a sanzioni amministrative irrogate dalla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB), nei confronti del direttore generale, dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale, nonché di altri esponenti della banca Monte dei Paschi di Siena, ai sensi degli artt. 190 e 195 del TUF, in relazione alla violazione di diverse previsioni del medesimo testo normativo;
che i rimettenti riferiscono che i ricorrenti nei giudizi a quibus hanno eccepito, in primo luogo, l’illegittimità costituzionale della disposizione censurata, la quale prevede che «[l]a corte d’appello decide sull’opposizione in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato»;
che, a parere dei rimettenti, alle sanzioni ricordate, pur se qualificate amministrative dal diritto interno, dovrebbe riconoscersi natura sostanzialmente penale, in ragione della loro rilevante severità (correlata alla gravità della condotta ascritta, piuttosto che al danno provocato agli investitori), della previsione di sanzioni accessorie e delle loro ripercussioni complessive sugli interessi dei condannati;
che, osservano i rimettenti, la disposizione censurata, nella formulazione vigente al momento della pronuncia delle ordinanze di rimessione, nel prevedere che la corte d’appello decide in camera di consiglio, e non in pubblica udienza, sull’opposizione proposta avverso tali sanzioni, sarebbe lesiva dell’art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con l’art. 6 della CEDU, che prescrive la pubblicità del procedimento;
che i rimettenti ritengono la questione non manifestamente infondata, richiamando i principi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza del 4 marzo 2014 (Grande Stevens e altri contro Italia), la quale, pur avendo ad oggetto le diverse sanzioni previste dall’art. 187-ter del TUF, applicate dalla CONSOB, ha affermato che la mancanza di una pubblica udienza nel procedimento di opposizione davanti alla corte d’appello, costituisce una violazione del paragrafo 1 dell’art. 6 della CEDU, secondo cui «[o]gni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale […]»;
che nel giudizio promosso dalla Corte d’appello di Genova si è costituita la Banca d’Italia, sostenendo l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, per inapplicabilità al caso di specie dei principi enucleati dalla citata sentenza della Corte EDU del 4 marzo 2014, in quanto riferiti ad una sanzione – quella prevista dall’art. 187-ter TUF – del tutto diversa da quelle impugnate nel giudizio a quo, alle quali non potrebbe riconoscersi carattere sostanzialmente penale, con conseguente inapplicabilità delle garanzie assicurate dall’art. 6 della CEDU;
che nel medesimo giudizio si è costituita anche la parte opponente nel giudizio a quo, aderendo alle argomentazioni utilizzate dal giudice rimettente nel sollevare la questione di legittimità costituzionale, della quale ha chiesto l’accoglimento;
che nei giudizi promossi dalla Corte d’appello di Firenze si è costituita la CONSOB, eccependo l’indeterminatezza del petitum, per non avere il giudice rimettente specificato il tipo di pronuncia richiesto alla Corte costituzionale, nonché l’omessa sperimentazione di un’interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione impugnata, con conseguente inammissibilità della questione, di cui ha comunque sostenuto, nel merito, la non fondatezza;
che, nei giudizi iscritti ai numeri 180, 183, 184, 239, 241, 242, 243 e 251 del registro ordinanze 2015, si sono costituite anche le parti opponenti nei giudizi principali, concludendo per l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale;
che in tutti i giudizi (ad eccezione di quelli iscritti ai nn. 251 e 252 del registro ordinanze 2015) è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;
che l’interveniente ha sostenuto l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale, contestando sia l’asserito carattere sostanzialmente penale delle sanzioni irrogate, sia la necessità dell’udienza pubblica nei conseguenti procedimenti di opposizione;
che, in prossimità dell’udienza fissata in camera di consiglio, la Banca d’Italia ha depositato memoria, con la quale ha chiesto la restituzione degli atti alla Corte d’appello di Genova, alla luce delle modifiche apportate all’art. 195 del TUF ad opera del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 72 (Attuazione della direttiva 2013/36/UE, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, per quanto concerne l’accesso all’attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58), evidenziando che il citato d.lgs. n. 72 del 2015 ha previsto che la discussione dell’opposizione avvenga in udienza pubblica (art. 5, comma 15) e, con norma transitoria, che «nei giudizi pendenti» le udienze «sono pubbliche» (art. 6, comma 8);
che anche la CONSOB ha depositato, in tutti i giudizi in cui è costituita, memorie di identico contenuto, con le quali, oltre a riproporre gli argomenti già illustrati negli atti di costituzione, ha espressamente formulato richiesta di restituzione degli atti alla Corte d’appello di Firenze, alla luce delle modifiche apportate all’art. 195 del TUF ad opera del d.lgs. n. 72 del 2015;
che le parti opponenti, costituite nei giudizi iscritti ai numeri 180, 183, 241 e 251 del registro ordinanze 2015, hanno ugualmente depositato memorie, esprimendosi in senso contrario alla restituzione degli atti, in quanto da un lato la norma censurata avrebbe già avuto applicazione nei giudizi a quibus (comprimendo i poteri istruttori in essi esercitabili), dall’altro la normativa transitoria contemplerebbe la sola pubblicità dell’udienza nei giudizi pendenti, e non pure l’estensione, anche a questi ultimi, del nuovo rito introdotto per l’opposizione ai provvedimenti sanzionatori di cui si discute.
Considerato che, con sedici ordinanze di analogo tenore, le Corti d’appello di Genova e di Firenze sollevano questione di legittimità costituzionale dell’art. 195, comma 7, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52) (d’ora innanzi: TUF), per violazione dell’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848;
che, in considerazione dell’identità della disposizione censurata e del parametro evocato, i giudizi vanno riuniti, per essere definiti con unica decisione;
che la questione è posta nell’ambito di procedimenti di opposizione avverso provvedimenti applicativi di sanzioni amministrative – nella misura indicata dall’art. 190 del TUF – emessi dal Governatore della Banca d’Italia e dalla Commissione nazionale per le società e la borsa;
che, con riferimento a tali procedimenti, l’art. 195, comma 7, del TUF, nella formulazione vigente al momento del deposito delle ordinanze di rimessione, prevede che la corte d’appello decida in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, con decreto motivato;
che, sul presupposto della natura sostanzialmente penale delle sanzioni irrogate (pur qualificate amministrative dal diritto interno), in ragione della loro rilevante severità e delle ripercussioni complessive sugli interessi dei condannati, i rimettenti ritengono che la disposizione ricordata violi l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, il quale riconosce il diritto alla pubblicità dei procedimenti volti all’irrogazione di sanzioni;
che, successivamente al deposito delle ordinanze di rimessione, l’art. 195 del TUF è stato modificato ad opera del decreto legislativo 12 maggio 2015, n. 72 (Attuazione della direttiva 2013/36/UE, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, per quanto concerne l’accesso all’attività degli enti creditizi e la vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento. Modifiche al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 e al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58);
che, in particolare, il d.lgs. n. 72 del 2015 prevede che la discussione dell’opposizione ai provvedimenti sanzionatori di cui trattasi avvenga in udienza pubblica (art. 5, comma 15), e, con apposita norma transitoria, stabilisce che «nei giudizi pendenti» alla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo le udienze «sono pubbliche» (art. 6, comma 8);
che spetta ai giudici a quibus valutare le conseguenze di tali modifiche nei giudizi principali, specie ai fini della rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate;
che, pertanto, deve disporsi la restituzione degli atti ai giudici rimettenti.
Visto l’art. 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
La Corte Costituzionale
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti alle Corti d’appello di Genova e di Firenze.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 giugno 2017.