The Charter adopted by the Minister for Justice sets forth the fundamental rules regarding the treatment of persons in prison and of other persons deprived of their freedom, taking into consideration: daily life in prison, education, cultural and recreational activity, work, relations with persons outside the prison, alternatives to imprisonment and intermediate penalties. Moreover, the Charter specifies rights and duties of persons who are in a special situation (for example, special detention regimes), or of persons in a situation of vulnerability (new mothers or expectant mothers, mothers with children, foreigners).
Judgment of the European Court of Human Rights of 8 January 2013, Second Section, Torreggiani and others v. Italy
Decreto 5 dicembre 2012 – Approvazione della Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati
Il Ministro
Vista la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative della libertà, ed in particolare l’articolo 32;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, e in particolare l’art. 69 comma 2, come modificato dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2012, n. 136;
Considerata la necessità di definire i contenuti della “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati”, nonché le modalità con le quali essa deve essere portata a conoscenza dei familiari dei detenuti e degli internati;
Letti i documenti allegati, contenenti gli schemi della “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati”, del glossario delle voci e dell’elenco delle fonti del diritto penitenziario;
Decreta
Art. 1
La “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati” di cui all’art. 69 comma 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, come modificato dall’art. 1 del decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 2012, n. 136, ha il contenuto riportato nello schema allegato, che costituisce parte integrante del presente decreto.
Alla “Carta” sono allegati il glossario delle voci e l’elenco delle fonti del diritto penitenziario, anch’essi costituenti parti integranti del presente decreto.
Art. 2
La “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati” sarà tradotta, a cura dei competenti uffici ministeriali, nelle lingue più diffuse tra i detenuti e internati stranieri.
Art. 3
Copia della “Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati” e dei suoi allegati sarà resa disponibile, presso ogni istituto penitenziario, nei locali destinati ai colloqui dei detenuti e degli internati con i loro familiari.
Art. 4
Con provvedimento del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria si provvederà al periodico aggiornamento delle informazioni riportate nella “Carta” e nei documenti ad essa allegati.
Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati
La Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti e degli internati è prevista dal Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà. La Carta è consegnata a ciascun detenuto o internato – nel corso del primo colloquio con il direttore o con un operatore penitenziario all’atto del suo ingresso in istituto – per consentire il migliore esercizio dei suoi diritti ed assicurare la maggiore consapevolezza delle regole che conformano la vita nel contesto carcerario. Al fine di consentire ai familiari di prenderne conoscenza, la Carta è pubblicata sul sito internet http://www.giustizia.it e una copia è a disposizione per la consultazione nella sala colloqui di ogni singolo istituto. Al detenuto, oltre alla Carta, sono consegnati gli estratti della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 (Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà), del Regolamento interno dell’istituto e delle altre disposizioni, anche sovranazionali, attinenti ai diritti e ai doveri del detenuto e dell’internato, alla disciplina e al trattamento penitenziario, tra cui la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Contestualmente viene indicato al detenuto il luogo ove è possibile consultare i testi integrali delle predette norme.
Ingresso dalla libertà.
L’ingresso in istituto è curato dal personale di polizia penitenziaria preposto all’Ufficio Matricola. Il detenuto ha il diritto di avvertire i propri familiari, sia in caso di provenienza dalla libertà, sia in caso di trasferimento da altro istituto. Il detenuto ha diritto di nominare uno o due difensori di fiducia (in mancanza, gli viene nominato dal magistrato un difensore di ufficio). Inoltre, salvo che l’autorità giudiziaria ponga al momento dell’arresto un divieto (che non può essere superiore a 5 giorni), il detenuto ha diritto ad avere colloqui con il proprio difensore sin dal momento dell’ingresso e per tutta la permanenza in carcere, negli orari e con le modalità stabilite, facendone richiesta attraverso l’Ufficio Matricola. Il detenuto è sottoposto al prelievo delle impronte digitali e alla perquisizione e deve consegnare denaro, orologio, cintura e oggetti di valore. Deve anche sottoporsi a visita medica e psicologica durante la quale potrà riferire eventuali problemi di salute, dipendenze, intolleranze e necessità di assunzione di farmaci. Egli può chiedere di non convivere con altri detenuti per motivi di tutela della propria incolumità personale.
Vita quotidiana:
Gli istituti penitenziari devono essere dotati di locali per le esigenze di vita individuale e di locali per lo svolgimento delle attività in comune, locali che devono essere di ampiezza sufficiente, areati e riscaldati, e muniti di servizi igienici riservati. Il detenuto ha diritto di ricevere biancheria, vestiario e corredo per il letto; deve averne cura e provvedere alla pulizia della cella e al
decoro della sua persona. Gli è assicurata la possibilità di fare la doccia e di fruire di un periodico taglio di barba e capelli. Ciascun detenuto o internato ha diritto di permanere all’aperto almeno per due ore al giorno o, in determinati regimi di custodia, per un tempo più breve ma non meno di un’ora. Il detenuto o internato ha diritto a un’alimentazione sana e adeguata alle proprie condizioni. Ha diritto a tre pasti al giorno, somministrati negli orari stabiliti dal regolamento interno di istituto. Ha diritto di avere a disposizione acqua potabile e di utilizzare, nel rispetto delle regole di sicurezza, un fornello personale. È pure consentito l’acquisto, a proprie spese, di generi alimentari e di conforto (cosiddetto “sopravvitto”) ed è garantito il diritto di ricevere dall’esterno analoghe merci in pacchi, ma entro limiti di peso prefissati. Una rappresentanza dei detenuti controlla sia la preparazione del vitto che i prezzi dei generi venduti in istituto. Sono salvaguardati il diritto alla salute e l’erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, previste nei livelli essenziali e uniformi di assistenza. I servizi disponibili all’interno di ciascun istituto sono indicati nella Carta dei servizi sanitari per i detenuti e gli internati. È riconosciuto il diritto di praticare il proprio culto, di fruire dell’assistenza spirituale del cappellano cattolico e di partecipare ai riti religiosi nelle cappelle cattoliche o nei locali adibiti ai culti acattolici.
Doveri di comportamento:
Il detenuto deve osservare le norme che regolano la vita dell’istituto e le particolari disposizioni impartite dal personale di polizia penitenziaria. Le infrazioni disciplinari (tra cui la negligenza nella pulizia e nell’ordine, il volontario inadempimento di obblighi lavorativi, il possesso o traffico di oggetti non consentiti, denaro e strumenti atti ad offendere, le comunicazioni fraudolente con l’esterno o all’interno, le intimidazioni o sopraffazioni, i ritardi nel rientro e tutti i fatti previsti dalla legge come reato) sono sanzionate – secondo la loro gravità – con il richiamo, l’ammonizione, l’esclusione dalle attività ricreative e sportive (fino a un massimo di dieci giorni), l’isolamento durante la permanenza all’aria aperta (per non più di dieci giorni) e l’esclusione dalle attività in comune (fino a un massimo di quindici giorni).
Il detenuto ha l’obbligo di sottoporsi a perquisizione tutte le volte che sia necessario per motivi di sicurezza. Egli ha diritto a non subire mezzi di coercizione fisica a fini disciplinari (quali l’uso delle manette) e può proporre reclamo al magistrato di sorveglianza in ordine alle condizioni di esercizio del potere disciplinare. Più in generale, egli può proporre reclamo al magistrato di sorveglianza per far valere i diritti riconosciuti dalla legge penitenziaria, e può rivolgersi per ogni tipo di doglianza al direttore dell’istituto, agli ispettori, al Ministro della Giustizia, al magistrato di sorveglianza, alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all’istituto, al Presidente della Giunta regionale e al Capo dello Stato.
Istruzione e attività culturali, sportive e ricreative:
Negli istituti penitenziari si svolgono corsi scolastici a livello di scuola d’obbligo e di scuola secondaria superiore. I detenuti possono ricevere un sussidio giornaliero, nella misura determinata con decreto ministeriale, per la frequenza ai corsi di istruzione secondaria di secondo grado. Ai detenuti che seguono corsi di istruzione secondaria di secondo grado o corsi universitari, e che hanno superato tutti gli esami di ciascun anno, vengono rimborsate, qualora versino in disagiate condizioni economiche, le spese sostenute per tasse, contributi scolastici e libri di testo, e viene corrisposto un premio di rendimento. Ai detenuti che si sono distinti per particolare impegno e profitto nei corsi scolastici e di addestramento professionale sono concesse ricompense. È altresì consentita la possibilità di svolgere la preparazione da privatista per il conseguimento del diploma di scuola secondaria superiore e della laurea universitaria. Gli istituti sono forniti di una biblioteca, alla cui gestione collaborano gli stessi detenuti. L’accesso ai locali della biblioteca delle rispettive sezioni avviene in giorni ed orari stabiliti nel regolamento interno di istituto.
Nell’istituto vengono organizzate attività culturali, sportive e ricreative che fanno parte del trattamento rieducativo. La loro organizzazione è curata da una commissione composta dal direttore, da uno o più educatori, da uno o più assistenti sociali e da una rappresentanza di detenuti. Per partecipare ai corsi e alle altre attività è sufficiente una richiesta scritta. Durante la permanenza all’aperto è consentito ai detenuti lo svolgimento di attività sportive.
Lavoro:
Il lavoro è uno degli elementi fondamentali del trattamento carcerario. I detenuti imputati possono partecipare, a loro richiesta, ad attività lavorative, sia all’interno dell’istituto (cuciniere, barbiere, magazziniere…) che all’esterno. Il lavoro all’esterno è una modalità di esecuzione della pena: per i condannati per reati comuni è applicabile senza alcuna limitazione, per i condannati alla pena della reclusione per delitti particolari è applicabile dopo l’espiazione di 1/3 della pena e per i condannati all’ergastolo è applicabile dopo l’espiazione di almeno 10 anni. Il magistrato di sorveglianza approva il provvedimento del direttore dell’istituto e indica le prescrizioni cui attenersi. I condannati e gli internati sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa di lavoro hanno l’obbligo di prestare attività lavorativa. La mercede è stabilita in misura non inferiore ai due terzi del trattamento economico previsto dai contratti collettivi di lavoro.
Ricompense:
I detenuti e gli internati che si sono distinti per particolare impegno nel lavoro, nello studio, nell’aiuto prestato agli altri o in atti meritori, sono premiati con l’encomio del direttore o con la proposta – formulata dal consiglio di disciplina – di concessione della grazia, della liberazione condizionale, della revoca anticipata della misura di sicurezza o di altri benefici.
Trasferimenti:
Le istanze di trasferimento devono essere rivolte, tramite il direttore dell’istituto, al Provveditore regionale quando è chiesto il trasferimento in un carcere dello stesso distretto, ovvero al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia quando si chiede il trasferimento in un carcere fuori dalla circoscrizione. È favorito il criterio di destinare i detenuti ad istituti prossimi alla residenza delle famiglie. I detenuti hanno il diritto a non essere trasferiti d’ufficio se non per gravi e comprovati motivi di sicurezza, per esigenze dell’istituto e per motivi di giustizia.
Peculio e gestione dei rapporti economici con le istituzioni:
È vietato il possesso di denaro; le somme di cui il detenuto dispone al momento dell’ingresso in istituto e quelle che successivamente riceve tramite vaglia postale o con deposito in portineria (peculio), sono depositate e possono essere liberamente destinate dal detenuto all’acquisto di prodotti, per la corrispondenza o per comunicazioni telefoniche. Il detenuto è obbligato al pagamento delle spese di mantenimento, comprensive del costo dei pasti e dell’uso del corredo personale fornito dall’amministrazione penitenziaria (materasso, lenzuola, piatti, posate, ecc.). Su istanza del detenuto, il magistrato di sorveglianza può disporre la remissione del debito in caso di difficoltà economiche, se l’interessato ha mantenuto una buona condotta.
Rapporti con la società esterna:
I detenuti e gli internati hanno il diritto di avere colloqui visivi con i familiari o con persone diverse (quando ricorrono ragionevoli motivi), oltre che con il difensore e con il garante dei diritti dei detenuti. Durante il colloquio, che si svolge in appositi locali senza mezzi divisori e sotto il controllo visivo e non auditivo del personale di polizia penitenziaria, il detenuto deve tenere un comportamento corretto; in caso contrario, può essere escluso dai colloqui. Ogni detenuto in regime ordinario ha diritto a sei colloqui al mese, ciascuno per un massimo di un’ora e con non più di 3 persone per volta. Il detenuto ha pure diritto a colloqui telefonici con i familiari e conviventi, e in casi particolari (per accertati motivi) con persone diverse; tali colloqui sono concessi una volta a settimana per la durata massima di 10 minuti ciascuno, nonché al rientro in istituto dal permesso o dalla licenza. Le spese sono a carico del detenuto. Regole più restrittive sono previste per i regimi speciali. La richiesta deve essere indirizzata, per gli imputati, all’Autorità Giudiziaria che procede; per i condannati (anche con sentenza di primo grado) e per gli internati, invece, essa va inoltrata al direttore dell’istituto.
La corrispondenza può essere ricevuta in carcere senza limitazioni nel regime ordinario; quella indirizzata dal detenuto a difensori, o a membri del Parlamento, rappresentanze diplomatiche o consolari del paese di appartenenza, organismi di tutela dei diritti umani, non può subire limitazione alcuna. Ogni detenuto può ricevere quattro pacchi mensili non eccedenti i 20 kg, sia in occasione dei colloqui, sia se siano stati spediti per posta qualora nei quindici giorni precedenti egli non abbia fruito di alcun colloquio visivo. È assicurata la relazione dei detenuti con le proprie famiglie. Ai familiari deve essere comunicato il trasferimento ad altra struttura detentiva. Il detenuto ha il diritto di indicare i familiari ai quali vuole sia data tempestiva notizia in caso di decesso o grave infermità, ed in relazione ai quali vuole ricevere le medesime notizie. I detenuti e gli internati hanno il diritto di esercitare il voto in occasione di consultazioni elettorali in un seggio speciale, previa dichiarazione della volontà di esprimerlo, indirizzata entro il terzo giorno antecedente la votazione al Sindaco del luogo ove si trova l’istituto. È consentito usare un apparecchio radio personale, nonché computer e lettori di dvd, per motivi di studio o di lavoro.
Misure premiali:
Permessi: I permessi sono parte integrante del programma di trattamento, perché consentono di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro. Possono essere concessi dal magistrato di sorveglianza permessi premio ai condannati che non risultino socialmente pericolosi, se hanno tenuto una condotta regolare ed hanno già espiato una parte considerevole della pena. I permessi premio non possono avere una durata superiore a 15 giorni e non possono essere concessi per più di 45 giorni complessivi in un anno. Sono stabilite limitazioni ed esclusioni in relazione ai condannati per reati gravi e a coloro i quali sono evasi o hanno avuto la revoca di una misura alternativa. Nel caso di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, il giudice che procede o il magistrato di sorveglianza può concedere agli imputati, ai condannati e agli internati il permesso di recarsi a visitare l’infermo. Il detenuto che senza giustificato motivo non rientra in istituto allo scadere del permesso è punito in via disciplinare se l’assenza si protrae per oltre 3 ore e non più di 12; negli altri casi è punibile per il reato di evasione. In caso di diniego del permesso, il detenuto può proporre reclamo entro termini brevissimi.
Liberazione anticipata: Il magistrato di sorveglianza può concedere ai detenuti condannati la liberazione anticipata, che consiste in una riduzione di pena pari a 45 giorni per ogni 6 mesi di pena espiata. Il beneficio della liberazione anticipata compete soltanto a chi ha tenuto una regolare condotta ed ha partecipato alle attività di osservazione e trattamento. È riconosciuto anche per il periodo trascorso in custodia cautelare ed agli arresti domiciliari. Può essere concesso, dietro analoghe condizioni, anche in relazione alla misura dell’affidamento in prova al servizio sociale. Avverso la decisione del magistrato di sorveglianza può essere proposto motivato reclamo al tribunale di sorveglianza entro 10 giorni dalla notifica del rigetto.
Misure alternative alla detenzione:
Affidamento in prova al servizio sociale:
Se la condanna o il residuo della pena è inferiore a tre anni, il detenuto, in base ai risultati dell’osservazione della sua personalità, può essere affidato al servizio sociale per il periodo di pena ancora da scontare, durante il quale egli verrà seguito dall’Ufficio esecuzione penale esterna. L’istanza di affidamento è rivolta al magistrato di sorveglianza e la misura può essere concessa dal tribunale di sorveglianza. Lo stesso tribunale di sorveglianza, se accerta l’esito positivo del periodo trascorso in affidamento, dichiara l’estinzione della pena e di ogni altro effetto penale della condanna. La persona tossicodipendente e/o alcooldipendente, con condanna o residuo di pena inferiori a 6 anni (4 anni per reati particolari), che abbia in corso un programma di recupero o che ad esso intenda sottoporsi (d’accordo con il servizio tossicodipendenze della sua AUSL) può beneficiare dell’affidamento “terapeutico”. La misura dell’affidamento non può essere concessa più di due volte.
Detenzione domiciliare:
Il Tribunale di sorveglianza concede la detenzione domiciliare a chi ha compiuto 70 anni, se non è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza e non è recidivo reiterato. Possono ottenere la stessa misura, per una pena o un residuo di pena inferiore ai quattro anni, la donna in stato di gravidanza, la madre o il padre con prole convivente di età inferiore ai 10 anni, la persona in particolari condizioni di salute o di età anagrafica superiore ai 60 anni (se inabile) o inferiore ai 21 anni; la persona con una pena o residuo di pena inferiore ai due anni.
L’esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi:
Oltre ai casi anzidetti, la legge prevede che la pena detentiva non superiore a diciotto mesi – anche se parte residua di pena maggiore – sia eseguita presso l’abitazione o altro luogo di dimora, salvo che si tratti di soggetti condannati per i reati gravi di cui all’art. 4 bis della legge n. 354/75 (vedi glossario). La madre con prole di età non superiore a 10 anni, qualora abbia espiato un terzo della pena (15 anni se la pena è quella dell’ergastolo), può beneficiare dell’esecuzione presso il domicilio se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli.
Semilibertà:
La semilibertà consente al condannato di trascorrere parte del giorno fuori dell’istituto per partecipare ad attività lavorative, istruttive o comunque utili al reinserimento sociale. È concessa dal tribunale di sorveglianza a chi è:
• sottoposto ad una misura di sicurezza;
• condannato all’arresto o alla reclusione non superiore a 6 mesi;
• condannato ad una pena superiore ai 6 mesi ed abbia scontato metà pena (2/3 per i reati più gravi indicati all’articolo 4 bis, comma 1 O.P.);
• condannato all’ergastolo ed abbia scontato 26 anni di detenzione.
Liberazione condizionale:
La liberazione condizionale può essere concessa a chi ha scontato almeno 30 mesi e comunque almeno metà della pena inflitta, qualora il rimanente della pena non superi i 5 anni (se recidivo almeno 4 anni di pena e non meno di 3/4; se si tratta di condannato all’ergastolo, gli anni scontati devono essere almeno 26). Per ottenere il beneficio bisogna aver tenuto, durante il tempo di esecuzione della pena, un comportamento tale da far ritenere sicuro il ravvedimento. La liberazione è subordinata all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che si dimostri l’impossibilità di adempierle.
Sospensione dell’esecuzione della pena detentiva per tossicodipendenti o alcool dipendenti:
Il tribunale di sorveglianza può sospendere l’esecuzione della pena per cinque anni a colui che deve scontare una pena o un residuo pena non superiore a 6 anni (4 se condannati per reati particolari) per reati commessi in relazione allo stato di tossicodipendenza/alcool dipendenza e si è sottoposto con esito positivo ad un programma terapeutico e socio-riabilitativo presso una struttura pubblica o autorizzata ai sensi di legge.
Regimi di detenzione speciali:
Regime di sorveglianza particolare:
Il regime di sorveglianza particolare può essere disposto dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (di propria iniziativa o su segnalazione del direttore o dell’autorità giudiziaria con parere favorevole del consiglio di disciplina) in relazione a reiterati comportamenti offensivi dell’ordine e della sicurezza negli istituti penitenziari. Esso comporta particolari restrizioni che riguardano l’accesso alle attività lavorative e alle attività in comune, la corrispondenza epistolare e telefonica, la detenzione di oggetti normalmente consentiti. Le restrizioni non possono riguardare l’igiene e le esigenze della salute, il vitto, il vestiario ed il corredo, la lettura di libri e periodici, le pratiche di culto, l’uso di apparecchi radio del tipo consentito, la permanenza all’aperto per almeno un’ora al giorno, i colloqui con i difensori nonché quelli con il coniuge, il convivente, i figli, i genitori e i fratelli. Avverso il provvedimento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria può essere proposto reclamo al Tribunale di Sorveglianza nel termine di dieci giorni.
Regime dei condannati per particolari delitti:
I detenuti e internati per i gravi delitti elencati nell’art. 4 bis l. 354/1975 (vedi glossario) possono usufruire di non più di quattro colloqui visivi e due colloqui telefonici al mese, e subiscono limitazioni nell’applicazione dei benefici dell’assegnazione al lavoro all’esterno e alle attività culturali e sportive, dei permessi premio e delle misure alternative.
Isolamento continuo:
È ammesso per ragioni sanitarie nei casi di malattia contagiosa; può essere disposto durante l’esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune (con divieto di comunicare con gli altri), nonché durante l’istruttoria penale e nel procedimento di prevenzione quando sia ritenuto necessario dall’autorità giudiziaria.
Sono assicurati il vitto ordinario e la normale disponibilità di acqua, nonché i controlli medici. I detenuti in isolamento possono comunque ricevere la visita delle autorità politiche, giudiziarie, amministrative e religiose indicate nell’art. 67 della legge n. 354/75.
Sospensione temporanea delle normali regole di trattamento:
Il Ministro della giustizia, in casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, ha facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati al fine di ripristinare l’ordine e la sicurezza e per il tempo strettamente necessario a tale fine. Il Ministro della giustizia ha altresì la facoltà di sospendere, in tutto o in parte l’applicazione delle normali regole di trattamento nei confronti dei detenuti o internati per delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, o per delitti di associazione di tipo mafioso, in relazione ai quali vi siano elementi tali da fare ritenere la sussistenza di collegamenti con un’associazione criminale, terroristica o eversiva. La sospensione comporta le restrizioni necessarie ad impedire i contatti con le organizzazioni criminali (un solo colloquio al mese con familiari e conviventi, con controllo auditivo e registrazione – fatta eccezione per i colloqui difensivi; limitazione di somme e beni ricevuti dall’esterno, esclusione dalle rappresentanze, sottoposizione a visto di censura della corrispondenza, limitazione della permanenza all’aperto); ha durata pari a quattro anni, prorogabile per successivi periodi di due anni. I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all’interno di istituti a loro esclusivamente dedicati o comunque all’interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell’istituto, custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria. Avverso il provvedimento applicativo può essere proposto reclamo al tribunale di sorveglianza di Roma, nel termine di venti giorni dalla comunicazione. Il detenuto o internato in regime di 41 bis legge n. 354/1975 (vedi glossario) partecipa alle udienze a distanza, con le modalità previste dall’art. 146 bis delle norme di attuazione del c.p.p.
Detenute gestanti, puerpere e madri con prole:
Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di donne incinte o madri con prole di età non superiore ai sei anni, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.
L’esecuzione penale è differita nei confronti di donne incinte o madri di infanti inferiori di un anno; può altresì essere differita l’esecuzione penale nei confronti di madri con prole di età inferiore ai tre anni; l’esecuzione della sanzione della esclusione dalle attività in comune è sospesa nei confronti delle donne gestanti e delle puerpere fino a sei mesi e delle madri che allattano la propria prole fino a un anno; le condannate e le internate possono essere ammesse alla cura e all’assistenza all’esterno dei figli di età non superiore agli anni dieci; è assicurata alle gestanti e alle madri con bambini assistenza adeguata di medici specialisti, ostetriche e operatori in puericultura e le detenute sono ospitate in luoghi adeguati.
Detenuti stranieri:
I detenuti stranieri hanno il diritto di chiedere che le autorità consolari del loro Paese siano informate dell’arresto, di ricevere l’estratto delle norme nella propria lingua, di effettuare telefonate e colloqui con l’ausilio di un interprete. Hanno il diritto di soddisfare le proprie abitudini alimentari e le loro esigenze di vita religiosa e spirituale. I detenuti stranieri che devono scontare una pena, anche residua, inferiore ai due anni, hanno il diritto di essere espulsi verso il loro Paese di origine. Con la condanna penale può essere applicata la misura di sicurezza dell’espulsione, eseguita dopo aver scontato la pena detentiva. In ogni caso non può essere espulso il detenuto che nel suo paese di provenienza rischia di subire persecuzioni per motivi razziali, politici, religiosi, di sesso, lingua, cittadinanza, ecc. Il detenuto può chiedere il trasferimento nel Paese di cui è cittadino per scontare la condanna (superiore a sei mesi) subita in Italia; la relativa richiesta va presentata al Ministero della Giustizia dell’Italia oppure, se il fatto costituisce reato in entrambi i Paesi, al Ministero della Giustizia dello Stato di cui è cittadino.
Dimissione:
I detenuti e gli internati ricevono un particolare aiuto nel periodo di tempo che immediatamente precede la loro dimissione dall’istituto, con interventi di servizio sociale e con un programma di trattamento orientato alla soluzione dei problemi specifici connessi alle condizioni di vita a cui dovranno andare incontro. La dimissione ha luogo nel giorno indicato nel relativo provvedimento, a meno che non debba seguire una misura di sicurezza detentiva. All’atto della dimissione vengono consegnati all’interessato il peculio e gli altri oggetti di sua proprietà.